Al termine di un lungo viaggio tutti abbiamo una finestra da ricordare.
Quella della stanza presa in affitto, dell’albergo, o della camera in cui ci hanno ospitati.
La sua vista è stato lo sfondo di mille riflessioni, ansie, entusiasmi, o semplici distensioni in attesa della cena.
La finestra è una linea di confine tra il nostro mondo e la nuova realtà in cui ci troviamo, un punto di osservazione protetto, perché basta un passo indietro per potersi isolare.
E poi, secondo me, da una finestra si capiscono tante cose, anche sull’Angola…
La “mia finestra” è in cucina e affaccia su un bruttissimo parcheggio condominiale, sullo smog e i rumori di Avenida Brasil, ma quest’immagine parla e la porterò negli occhi. Le scorte d’acqua, ad esempio, dicono che a Luanda spesso si rimane all’asciutto, e sotto la doccia è necessario andare con accapatoio e bottiglie.
La grata poi è di serie negli appartamenti al piano terra. La microcriminalità, o al contrario il livello di paranoia dei lavoratori occidentali, raggiungono qui vette elevate.
Ah, e la zanzariera: può evitarci una malaria.
Spostandoci dalla cucina al computer, banalmente si incontra la finestra del mio Diario Angolano, ormai socchiusa…
venerdì 25 settembre 2009
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento