giovedì 17 settembre 2009

CHI L’HA VISTO?

Questo titolo non è dovuto alla mia improvvisa latitanza dalla blogosfera, ma all’insormontabile problema di ottenere un visto di lavoro, che mi costringerà a interrompere l’esperienza angolana a fine mese. Il 28 settembre infatti tornerò in Italia.
Confesso che a Natale avrei comunque lasciato Luanda, data la quantità di rinunce e sacrifici che comporta questa vita, perciò non leggete il post come uno sfogo. Spero invece che possa aiutare chi un domani vorrà avventurarsi in Africa.

Sono partito dall’Italia con un visto turistico valido 30 giorni e prorogabile per altri 60. L’azienda, in buona fede, mi aveva assicurato di poterlo convertire in visto di lavoro prima dei tre mesi. Che cos’è successo allora?

Qui devo fare una premessa. Le aziende straniere intenzionate ad operare in Angola devono procurarsi una licenza, il famigerato Alvará. Chi ha un Alvará per attività petrolifere (come ad esempio l’ENI) può richiedere i visti di lavoro senza limiti di numero e complicazioni burocratiche, mentre chi è in possesso di un semplice Alvará commerciale è obbligato a inviare le pratiche a un dipartimento del Ministero del Lavoro, il DEFA.

Che cosa succede al DEFA? I funzionari, con la complicità di una sofisticata rete di intermediari e faccendieri, bloccano le domande in attesa che il personale delle imprese straniere entri in clandestinità, in modo da poter esigere tangenti sempre più alte per il rilascio dei visti di lavoro. E a chi si lamenta o non paga la cifra imposta (si va dai 5.000 ai 10.000 dollari a passaporto) inviano un’ispezione fiscale. Ed è un ricatto al quale bisogna cedere, se si vuol tener lontana la polizia dai propri uffici, pieni di “innocenti” clandestini.

Detto ciò a dieci giorni dalla mia partenza non ho ancora ricevuto gli stipendi. In tutta l’Angola infatti non è possibile trovare dollari o euro da accreditare alle banche straniere. Perché?
Ministri e ufficiali dell’esercito hanno azzerato le riserve auree della Banca Centrale (5 miliardi di dollari) esportando i soldi per interesse personale.
Il Governatore, per ricostituire le riserve, sta vietando quindi agli istituti di credito di emettere la valuta pregiata che arriva con gli introiti del petrolio.

Il risultato è una svalutazione pericolosa del Kwanza, che in 20 giorni dal cambio 1$/80 Kwanzas è passato a 1$/100 Kwanzas, incentivando il mercato nero.

Pochi giorni fa leggevo che Benedetto XVI, nella sua recente visita a Luanda, ha celebrato una messa all’Estádio dos Coqueiros, proprio dove ho pagato la mia prima gasosa. Durante l’omelia affermò che le peggiori piaghe angolane sono la disonestà e la corruzione dei suoi governanti, che a valanga si ripercuotono su ogni funzionario pubblico.
Proprio nei lavori di ristrutturazione di quell’impianto, consacrato per l’occasione, sono spariti 14 milioni di dollari. I responsabili del furto dovevano esser lì nella tribuna delle autorità, a prendersi la benedizione del Papa.

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