Vorrei andare alla spiaggia di Cabo Ledo, cento chilometri a sud di Luanda, ma l’impiegata mi dice che è impossibile tornare in giornata, perché non ci sono autobus diretti. “E se prendessi quello che torna da Benguela?”, sta volta ride lei: “Sarà esaurito come sempre. Le è andata male, uno qualunque tra i miei colleghi per una gasosa da 500 Kwanzas l’avrebbe fatta salire lo stesso”.
Che faccio allora, vado in macchina?
Ora dovete sapere che la jeep che uso è di Casa Militar, un’istituzione di ufficiali al servizio del Presidente della Repubblica, che in passato aveva assegnato degli appalti alla mia impresa.
Questo vecchio fuoristrada giapponese, un Landwind a gasolio, non ha il libretto di circolazione, e quando la polizia mi ferma (almeno 5 volte a settimana) chiamo al telefono un certo capitano dell’esercito, lo passo agli agenti e loro mi lasciano andare. Funziona sempre.
Solo che tra Luanda e Cabo Ledo, al chilometro 60, in corrispondenza dell’omonimo fiume c’è la Barra do Kwanza, un gigantesco posto di blocco conosciuto come “o buraco preto”, il buco nero. Taxi senza licenza, stranieri clandestini e automobilisti non in regola (il 90% degli angolani guida senza patente), lì fanno una brutta fine.
E se mi fermano alla Barra e il capitano non dovesse rispondere?
E se in quel caso il valore della gasosa richiesta fosse troppo alto?
Incerto metto 200 dollari nel porta-oggetti e parto ugualmente.
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